Conciliazione e assistenza sindacale
La validità del verbale di conciliazione firmato in sede protetta secondo l’articolo 2113, comma 4, del Codice civile, presuppone che il rappresentante sindacale davanti al quale le parti sottoscrivono l’accordo transattivo appartenga alla organizzazione sindacale cui è iscritto il lavoratore.
Non si può affermare che il lavoratore abbia ricevuto effettiva assistenza in merito al contenuto della transazione, in altre parole, se il rappresentante sindacale non è riconducibile alla stessa associazione sindacale cui ha aderito il lavoratore.
Nell’ambito delle conciliazioni regolate dall’articolo 2113, comma 4, solo i funzionari sindacali della sigla a cui è iscritto il lavoratore sono legittimati a fornire l’assistenza qualificata che costituisce il presupposto di validità della conciliazione. Né può darsi alcun valore all’incarico che il lavoratore abbia conferito contestualmente alla sottoscrizione del verbale di conciliazione, perché la circostanza di averlo rilasciato al momento in cui si transige lo rende inidoneo a comprovare che il lavoratore abbia ricevuto una effettiva assistenza.
Questi principi sono stati espressi dal Tribunale di Bari (sentenza del 6 aprile 2022) nella controversia in cui un lavoratore deduceva che il verbale di conciliazione era stato sottoscritto dietro impulso del datore di lavoro e senza una volontà condivisa, aggiungendo che egli non aveva dato mandato di assistenza alla organizzazione sindacale, cui neppure era iscritto. A fronte di un anticipo sul Tfr, il lavoratore aveva rinunciato a pretese differenze retributive per ore di straordinario e maturazione ferie non godute. Analoghe conciliazioni erano state firmate con altri 16 dipendenti.
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