Moratoria prestiti Pmi, proroga solo su richiesta
Alle imprese italiane che hanno fatto ricorso alle moratorie previste dall’articolo 56 del decreto Cura Italia più volte prorogato restano ormai pochi giorni prima che il 15 giugno scada il termine per prorogare (per l’ultima volta, al 31 dicembre) le moratorie già richieste. L’articolo 16 del decreto Sostegni-bis (Dl 73/2021) prevede che le imprese debitrici inviino alla banca finanziatrice una comunicazione scritta (generalmente si tratterà di una Pec) con la quale dichiarano di volersi avvalere della proroga. Diversamente dalla proroga precedente, essa non opera dunque in maniera tacita, e peraltro non include gli interessi maturati: questi ultimi dovranno essere corrisposti alla banca creditrice alla scadenza originaria delle moratorie. La scelta è tuttavia particolarmente delicata per le imprese, in quanto le eventuali conseguenze che ne deriveranno devono essere ben comprese prima di optare per una ulteriore proroga, potendosi creare delle conseguenze negative impreviste sull’accesso al credito futuro.
Qualora la banca ritenga che senza tale moratoria l’impresa vada in difficoltà, tale misura deve essere considerata una concessione (forbearance), comportando la classificazione del debitore stesso a forborne. Si tratterà certamente di un debitore al momento ancora performing (paradossalmente perché viene già da una moratoria “di stato”), ma rispetto al quale la banca dovrà assoggettare il comportamento del debitore a un periodo biennale di osservazione solo al termine del quale esso tornerà al precedente status.
Si tratta di considerazioni che devono essere svolte dalle imprese, prima di richiedere nuove proroghe non strettamente necessarie: un’attenta gestione della tesoreria può richiedere maggiori sforzi rispetto alla comodità della proroga della moratoria, con il rischio che si paghi poi un prezzo imprevisto in termini di ricorso al credito nel 2022
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